Del pesce, come del maiale, non si butta via nulla: se con la lisca e la testa da sempre il finale perfetto è quello di farci un brodo o una bisque, trippe stomaco e fegato – il quinto quarto ittico – sono entrate in maniera sempre maggiore nell’immaginario collettivo. Più complicato accettarlo per il pesce che per la carne, certo, come tutta un’altra serie di assunti, tipo che il pesce fresco abbia più sapore: a giudicare da quanta divisività ha sollevato Josh Niland un paio d’anni fa, quando nel suo The whole fish cookbook ha avuto l’ardire di scrivere che «un pesce appena pescato ha pochissimo aroma e sapore» sembrerebbe che no, non siamo ancora pronti ad accettarlo.
Nelle cucine di tutto il mondo esistono un fracco di salse, intingoli, risulte di marinatura prelibati tanto quanto il pesce pesciosoche si propongono di condire, accompagnare, esaltare. Quelle di cui stiamo per parlare sono salse fatte di pesce, con il pesce, per il pesce.
Partiamo dal Pil Pil – che non è un raddoppiamento del Prodotto Interno Lordo, anche se è scientificamente provato che i paesi che lo usano in cucina, effettivamente, finiscono per goderne in salute: la madre di tutte le salse della cucina basca, figlia di un incontro emulsionante tra il collagene naturalmente rilasciato dal pesce – la famosa colla – e l’olio d’oliva nel quale quello stesso pesce, fuckyeah, è stato cotto.
Secondo la leggenda i primi ad accorgersi che l’incontro potesse funzionare sono stati dei marinai che, mentre preparavano la cena, hanno visto la magia realizzarsi di fronte ai loro occhi grazie al semplice fatto che la padella in cui il pesce se ne stava a soffriggere, dàgli di rollio, dàgli di boccheggio, ballava.
Se vi state chiedendo da dove venga la parola Pil, ecco: è un’onomatopea che richiama al blurbaglio che fa l’olio quando inizia a sfrigolare. Se invece volete capire come si ricrea la magia, è presto detto: dovete prendere il polso della situazione, far ruotare la padella, emulsionare, emulsionare. Esiste poi un’arma segreta, suggerita dall’Asador Etxebarri, il tempio della cucina basca: usare un colino – un setaccio – per filtrare l’amalgama tra collagene e olio.
Il taglio del merluzzo migliore da condire al pil pil è quello che nei Paesi Baschi chiamano kokotxas, che sarebbe la parte che si trova sotto la mandibola, di forma triangolare.
Difficilmente riuscirete a trovare, al mondo, una salsa dal nome più accattivante di Leche de Tigre.
Spero non rimaniate delusi dall’apprendere che no, non c’è traccia né di lattené di tigri, ma in compenso è tipo un caravanserraglio di umori e aromi nei quali si erge, sovrano preincaico bizzoso e tonitruante, umami a quintalate. La Leche de Tigre non è altro che il liquido concentrato risultato della marinatura del pesce crudo immerso in un succo di lime e accompagnato da cipolle, peperoncini ají, passiflora mollissima – il Tumbo – e frutto della passione. L’anima del pesce, i suoi umori più profondi, confluiscono nel Leche de Tigre che certo, sarà il brodo cosmico nel quale galleggerà il tuo ceviche, ma che all’occorrenza può diventare anche un sofisticato cocktail, da sorseggiare di per sé e che, gira voce sulle coste a sud di Valparaíso, ha anche una potenzialità afrodisiaca da Re Atahualpa.
Portavessillo nostrano dell’anima di pesce liquefatta è la Colatura di Alici, le proverbiali tre gocce di Chanel che anziché indossare per andare a dormire rendono ogni piatto migliore.
Anche perché non è una questione di campanilismo, ma davvero poche altre salse portano così connaturato il sapore del mare.
Anche in questo caso, la scoperta di quanto formidabile fosse l’intingolo è una serendipità: ai monaci di Tuczolo, vicino Amalfi, che conservavano le alici eviscerate e senza testa sotto sale dentro grandi botti di legno, come fossero uno Jérez, quel liquido ambrato fuoriuscito dalle doghe scollate deve essere sembrato un’aberrazione, prima, poi una sorprendente scoperta, infine un’occasione di business – edificazione, pardon– senza pari.
Ma le alici del Golfo di Salerno, fortunatamente, ce le abbiamo solo noi.
Il miracolo che avviene ogni volta nei terzigni, come sono chiamate le botti di legno, sotto la giusta pressione, ha la stessa portata mistica del sangue di San Gennaro quando riesce a liquefarsi: un miracolo ancora più miracoloso, però, quello della colatura, per la quale non basta attendere un anno, ma almeno il triplo.
2024-06-14T10:03:42Z